Progetto Vajont 60: la parola agli studenti

Il progetto Vajont 60 (1963-2023) - Tramandare e condividere la memoria nel mese di ottobre ha coinvolto numerose classi dell'istituto “Valle” articolandosi in diverse fasi: introduzione al contesto storico-sociale e racconto dettagliato della tragedia grazie a documenti scritti e materiali audiovisivi fino alla condivisione di emozioni e idee nelle classi.
Molti sono stati i temi emersi e discussi: il rapporto tra uomo e ambiente, il progresso e il profitto a ogni costo (Pier Paolo Pasolini, a suo tempo, parlò di “sviluppo senza progresso”), le responsabilità personali e collettive, il coraggio della verità, il rapporto tra pubblico e privato, la memoria personale e comunitaria, e le molteplici connessioni con le scienze, le tecnologie e l'etica.

Il progetto Vajont 60 (1963-2023)

Prima di lasciare la parola a ciò che hanno scritto e vissuto nelle classi gli studenti, mi permetto una riflessione da docente e da cittadino: sono lieto che questo progetto abbia avuto molte adesioni, perché ha aperto una finestra ai nostri ragazzi verso una tragedia che è sì lontana nel tempo, ma attualissima. Il disastro legato alla diga del Vajont è una vicenda paradigmatica, un grande monito che ci coinvolge come singoli e
come comunità, per scongiurare catastrofi evitabili ed anche - come ha evidenziato l'iniziativa "VajontS per una Orazione Civile Corale" che ha in parte ispirato questo progetto - per coltivare oltre alla memoria storica un rapporto radicalmente diverso tra uomo e ambiente, fatto di concreta attenzione alle risorse e agli equilibri naturali, rispetto per la sicurezza e sentimenti autentici di equità e giustizia.

Il progetto Vajont 60 (1963-2023)

Venendo al lavoro fatto nelle classi coi ragazzi, lasciamo spazio alle loro riflessioni, alcune firmate altre no ma tutte meritevoli di una lettura attenta, oltre a qualche scatto fotografico dalla visione di Vajont 9 ottobre 1963. Orazione civile di Marco Paolini, potentissimo racconto civile della tragedia che scosse l’Italia intera ricordando quanto accadde, e la condivisione di un prezioso Powerpoint:

"La tragedia del Vajont è uno di quegli eventi che non sarebbero mai dovuti accadere. La gente è morta, le abitazioni distrutte, piantagioni e terreni rovinati… sono tanti i brutti episodi avvenuti quel giorno, e non ci sono abbastanza parole per esprimere quanto accaduto. Noi non potremmo mai capire e concepire il dolore che quelle mamme, padri e bambini sopravvissuti stanno provando. È triste ciò che è successo, ma è ancora più triste la mancanza di disponibilità da parte delle autorità e del governo, che avevano tutti i mezzi per prevenire questa catastrofe." (Christian Diakile, 5ATGC )

"Sinceramente della strage del Vajont non sapevo nulla fino a qualche giorno fa e ora che ne vengo a conoscenza ho ancora più certezze che l’uomo non imparerà mai dai suoi errori. Questo documentario [ndr. Riferimento ad uno dei materiali visionati in classe] mi ha mostrato una visione molto più distruttiva con questa strage e non mi ha permesso di guardarlo facilmente visto che ogni volta dovevo fermarmi e riflettere
su ciò che avevo appena visto, cioè un dolore e un’angoscia imparagonabili." (Matteo Arcuri, 5ATGC)

Il progetto Vajont 60 (1963-2023)Aula Magna "A. Milani": il triennio del Liceo Artistico - Indirizzo Audiovisivo e Multimediale vede “Vajont 9 ottobre 1963. Orazione civile” di M. Paolini

"Mi distrugge sentire questa storia perchè mi fa capire quanto i soldi siano più importanti che la vita di bambini e di persone, e come lo stato che dovrebbe tutelarci, tenere alla vite del proprio popolo, se ne frega totalmente. E anche quanto l’uomo sia egoista e pensi a se stesso e basta." (Youtel Miolo, 5ATGC)

“Massi che cadono, onde gigantesche che travolgono tutto e tutti senza distinzione. Una tragedia avvenuta nel comune di Erto e Casso in Friuli Venezia Giulia, un piccolo paesino di montagna. Un masso cadde nella diga del Vajont dalla quale fuoriuscirono onde gigantesche che sommersero l' intero paesino. Quella notte morirono 2000 persone. Uomini, donne, bambini, case e animali vennero spazzati via. Non rimase nulla, solo fango e macerie. In molte perso una parte di sé, una parte che li rappresentava: le loro famiglie, gli amici, il luogo dove sono cresciuti. Se succedesse a me non saprei cosa fare, dubito sarei in grado di superare una simile perdita. Però c'è chi si è chiesto se fosse stato possibile evitare una simile tragedia. In effetti, alcuni anni prima, gli abitanti di quelle zone, che conoscevano bene il territorio, sapevano che sarebbe stato pericoloso edificare su un terreno così instabile. Così si unirono a Tina Merlin, una giornalista dell' Unità, che accusò la SADE, l' azienda che costruì la diga, ma fu denunciata per “diffamazione di notizie false” e assolta. Nonostante tutte le prove del pericolo di mettere in funzione la diga l'avidità dell' uomo non ha avuto pietà. Il risultato è una strage che si poteva evitare.” (Studente della classe 3DL)

Il progetto Vajont 60 (1963-2023)

“In un attimo persi tutto.
Il Vajont è diventato un simbolo di un disastro sia ambientale che di ingegneria. Questo evento ha portato a importanti cambiamenti nelle norme di sicurezza delle dighe e ha suscitato un dibattito sulla responsabilità delle autorità e degli ingegneri coinvolti nella sua costruzione. Ho letto e sentito molte storie di vittime sopravvissute a questa tragedia che mi hanno colpita, soprattutto una in particolare.
E' la storia di una donna, Micaela Coletti, che al tempo aveva 12 anni e racconta che quella sera era andata a dormire con sua sorella. Verso le otto e mezza sentì l'auto del padre che rientrava dal lavoro - il padre lavorava nei dintorni della diga, e quando entrò in casa iniziò a discutere con la madre. Ad un tratto la ragazza sentì la madre dire che sarebbe stato meglio mandare le figlie a Belluno, ma il padre rispose dicendo che se
fossero dovuti morire, sarebbe stato meglio morire tutti insieme. Tuttavia la moglie non diede peso a quello che dicevano e andò a dormire. Verso le 22.30 si svegliò e sentì un forte tuono, che definì "un rumore assordante che riempiva la testa", poi ebbe la sensazione di sentire un vuoto sotto il letto, che la trascinava verso il basso. Disse che non si sentiva più il volto quindi cercò di portarsi le mani sul viso per capire se aveva
ancora gli occhi.
Da quel momento a quando la trovarono i soccorritori non ricorda nulla: fu trasportata in ospedale e da quel momento non rivide più la sua famiglia. Durante la degenza, venne visitata dalla principessa Totti di Savoia e
dopo un po’ di tempo scoprì che sua sorella prima di morire era stata nella stanza accanto alla sua.” (Studentessa della classe 3DL)

Il progetto Vajont 60 (1963-2023)

Aula Magna "A. Milani": il triennio del Liceo Artistico - Indirizzo Audiovisivo e Multimediale si confronta dopo la visione di “Vajont 9 ottobre 1963. Orazione civile” di M. Paolini

“Nove ottobre 1963, 22:39, un boato nel silenzio della notte proveniente da una imponente diga, alta più di 250 metri, uccise 1917 persone, con 150 milioni di metri cubi d’acqua, spinti dalla frana del grande monte Toc. Una tragedia che spazzò via tutte le case e molte vite della città di Longarone. Per i pochi sopravvissuti deve essere stato molto difficile tornare alla vita quotidiana, dopo aver perso i parenti e con la casa ridotta in macerie. Tutto questo poteva essere evitato se la “Sade” avesse ascoltato Tina Merlin, giornalista e partigiana, che faceva da intermediaria tra loro e gli abitanti di Erto, ma, anziché ascoltarla, la denunciarono per procurato allarme. Alla fine fu assolta e il suo allarmismo ignorato, ma come “previsto” qualche anno dopo il monte franò e fece una strage. Questo avvenimento ci fa capire che chi ha una maggiore disponibilità economica ha anche un maggior potere decisionale, un’evidenza ancora attuale. Secondo la Merlin infatti fu colpa “dell’uomo” se questo accadde, ma per Dino Buzzati fu colpa della natura, infatti, in un suo articolo, parla della montagna come se fosse un qualcosa di inquietante e cruento, come se fosse stata la frana a causare il problema. Personalmente condivido maggiormente l’idea della Merlin, perché per l’ingordigia umana si sono perse migliaia di vite. In questa tragedia però, anche se si trovasse un colpevole, le vite perse di bambini, adulti e anziani rimangono un pesante ricordo.” (Studente della classe 3DL)

Infine il PowerPoint delle classi 3CGTC e 2CTGC, guidate dalla prof.ssa Pucci (Progettazione Multimediale).

Il progetto Vajont 60 (1963-2023) - Tramandare e condividere la memoria ci ha insegnato l’importanza di conoscere il passato e la necessità di un impegno personale e collettivo, per affrontare più consapevolmente le sfide di oggi e di domani per un mondo più giusto e sostenibile dove i protagonisti del cambiamento siano i
giovani, ovvero le donne e gli uomini di domani.

Michele Banzato
(docente IIS "G. Valle")


E' possibile leggere l'articolo del Progetto cliccando sul seguente link "9 ottobre 1963, il disastro del Vajont: il dovere di non dimenticare".